Critica
La pittura di Walter Eleuteri non si impone né vuole imporsi ricorrendo ad un linguaggio sofisticato ed introverso che sovente lascia il pubblico interdetto e, quel che più conta, dubbioso se debba dare un giudizio schietto manifestando la propria opinabile incomprensione o se debba fingere un’ammirazione intimamente insincera, ma che valga ad evitargli il rischio di passare per incompetente e non aggiornato su alcuni aspetti non conformisti e di spregiudicatissime contestazioni che vanno per la maggiore nell’arte contemporanea. Le “vedute” colte da Eleuteri hanno il pregio dell’immediatezza, dell’impressione rapida ottenuta mediante “macchie di colore” che sono vive e corpose, ma anche morbide, evitando così di appesantire i lineamenti e gli sfondi dei soggetti.
Anzi proprio in delicati e pur concreti sfondi primaverili o autunnali, ritroviamo la suggestione e l’atmosfera inconfondibili di tante prime ore mattutine, la pateticità malinconica di campi o viottoli delimitati da filari di pioppi che fan fatica ad emergere da banchi bassi, grevi ed ovattati ovvero da lievissimi veli di nebbia qua e là come lacerati, su apparizioni di luci smorte dalle ramaglie dei bassi roveti o dei tralci delle vigne. Walter Eleuteri ama indugiare su questi aspetti e coglierne certe tinte pallide e sbiadite di fogliami, di prode, di praticelli; ama indugiarsi a rendere il fitto di cespugli e le rive di ruscelli ingombre di erbe che vi affondano dalle sponde. Sembra quasi che voglia trasmetterci quella sensazione, insieme molesta ed eccitante, che l’umidità gli fa correre giù per le ossa. Delle case, cogli i toni ocra e bigi, ravvivati da rosse ruggine o da bruni, simili all’accendersi di guance accaldate su visi d’un pallore suscitatodal brivido portato da una folata di vento o dal freddo che annuncia i non lontani rigori invernali. In ciò si concreta la “poetica” pittorica dell’artista che, tuttavia, non degenera in languori romantici che lo risospingano, magari senza che eli se ne accorga che se ne renda conto, in una deteriore espressione pittorica del passato o, peggio ancora, nel convenzionalismo vieto ed oleografico del tardo ottocento che svilisce alcuni validisimi valori di forme e di colori della prima metà del secolo scorso. Una parola meritano anche i “fiori” di Eleuteri. Sono, essi, un soggetto assai pericoloso e spesso riescono antipatici ai visitatori di una galleria perchè giudicati banali o superati ma il “nostro” riesce ad evitare il rischio di cadere nella mediocrità in virtù di quella sincerità con cui sempre si avvicina al soggetto e lo contempla attentamente, ottenendo risultati efficaci nella morbidezza con cui rende singoli petali ed intere corolle e nella ponderata armonia dei colori felicemente accostati. Così come, nell’avvizzito reclinare di steli, nell’incipiente marcire e decomporsi del tutto in fiori ormai agonizzanti e fragilissimi, sa evitare il pericolo di aver scelto un soggetto che tanto, troppo spesso si ritorce contro il pittore per una somma di piccoli non nulla i quali, tutti insieme , trasformano un dipinto che sarebbe stato bello ed efficace in quanto di più brutto, infelice ed insincero si possa immaginare e deplorare. Né dobbiamo dimenticare un soggetto particolarmente caro all’artista e ricorrente nella sua attività, cioè i “ cavalli”, colti in ardite impennate o in tumultuosi galoppi contr fondali di “paesi” e di “marine” o dominanti su fondi semplici che consentano di metterne in risalto la nobiltà delle linee, dei corpi e del portamento, “visto” sempre in funzione dell’efficacia del moto.
Cesare Verani
Non “graffia” la pittura di Eleuteri, non grida, non ti aggredisce: si fa soltanto guardare, studiare, comparare. Ma comparare a che cosa ? A chi ? Soltanto a se stessa. Perché la calligrafia pittorica di Eleuteri è soltanto propria: sia come aspetto formale che come “resa”: usa infatti l’acquerello, genere difficile, anzi difficilissimo, che respinge qualsiasi grossolanità, qualsiasi manierismo: l’acquerello non ammette finzioni, non furberie, non virtuosismi; esso sta alla riscontrabile genuinità del teatro di prosa e non alla scientifica finzione del cinema. L’acquerello usato da Eleuteri non ritrae la parte esterna delle cose né aggroviglia con forzature cromatiche la forma di esse per farle sembrare “di più”: gli acquerelli di Eleuteri riescono ad esercitare una funzione che potrebbe essere definita maieutica: tirar fuori l’”intimo” da ogni cosa ritratta: sia essa fiore, rudere, campo o chissà cos’altro. È una caratteristica non da poco. Merito dell’acquerello ? Non direi. Merito dell’uso che Eleuteri sa fare dell’acquerello: un uso, appunto, maieutico e che potenzia il reale non coartandolo “in giù” né sublimandolo “in su”.
Aimone Filiberto Milli
…è un “maestro del disegno e del colore”. La sua arte figurativa, classicheggiante con accenti impressionisti ed espressionisti, è caratterizzata da una morbidezza cromatica, da una sintesi formale e da una luminosità mediterranea che penetra anche nei fitti boschi. L’artista si ispira in prevalenza alla natura della quale coglie l’essenziale visivo cromatico e formale evidenziando quella parte più suggestiva che ha determinato in lui particolari stati d’animo che trasfonde in preziose immagini pittorico-poetiche di immediata ed intensa espressione artistica e di grande valore estetico. Sono composizioni floreali, di paesaggi, di nature morte e di singolari cavalli a briglie sciolte simboleggianti la loro essenza nella libertà dello spazio infinito. Eleuteri con grande maestria usa gli acquarelli su carta robusta, a volte utilizza le asperità per ottenere particolari effetti che conferscono alle immagini una corposità che assume anche forma significante determinando un delicato impressionismo. Possiamo affermare che Walter Eleuteri è da considerare uno dei migliori acquerellisti contemporanei.
Franco Greco, “Il Tempo” 17 Giugno 2006
Walter Eleuteri nella mostra personale in Ancona ha dimostrato al pubblico che l’arte figurativa possiede ancora un certo respiro. Infatti nell’elegante salone dell’hotel “Passetto” c’era aria di musicalità e di poesia: sensazioni emanate come un profumo dai suoi acquarelli…il nostro “pittore poeta” nel cimento assiduo della ricerca di nuove espressioni pittoriche lavora con serietà e maestria i poetico acquerello per continuare a fa parte del mondo e dell’arte al quale intende dare un maggior contributo.
A. De Gregori,“il Resto del Carlino” del 30 Agosto 1972 in occasione di una Personale al Passetto di Ancona
Walter Eleuteri, che opera soprattutto a Rieti, presenta alcuni dipinti ad acquerello dedicati a fiori, paesaggi e marine. Il lento fluire delle sue tenui pennellate accentua la pacatezza dei suoi cieli e del calmo dilagare di luminose colline. Sono gemme rosate e verdine, sorrette dagli accenti dei rossi e dei bruni contorni, che danno vita a queste inquadrature che portano il suggello di un soffio di tepido vento e di un garbato lirismo.
“il Resto del Carlino” del 4 Settembre 1971 in occasione di una Personale a Rimini
Freschezza di ispirazione, gentilezza di immagini, purezza di colori soffusi, delicatezza di trasparenze e dolcezza di linee: ecco l’arte di Walter Eleuteri, arte che non si impelaga in problematiche più o meni incomprensibili. Sono sensazioni chiare, serene, limpide quelle che l’autore “naturalmente” coglie e ci fa sentire nei suoi paesaggi in una atmosfera calma e palpitante di vita.
A.F. Milli
…abbiamo contemplato, è la parola esatta, gli estatici incanti in cui il pittore si è soffermato e ci ha costretto a meditare. Ogni particolare ci ha richimato più volte ed ogni volta lo stupore cresceva. È come sentirsi ammaliati. Cosa c’è in questi quadri, ci vien voglia di domandarci, se son capaci di calamitare la nostra attenzione e, se, dopo che li hai visti la prima volta hai voglia di tornare a vedere, a fermarti a richiamare amici perch+ possano anch’essi gustare, dopo aver visto e confermare il giudizio che si è formato nella nostra mente? Passano davanti al visitatore paesaggi ignoti e ti sembrano i tuoi paesaggi; non quello che hai visti anche quelli, ma quelli che hai sognati, quelli che ti richiamano alla soave innocenza della tua fanciullezza: un bosco al tramonto…dove lo hai visto ? eppure è lì, fisso nella tua memoria, ricco di suggestivi richiami e quei fiori …gli anemoni…i fiori di Walter, sperduti in uno sfondo inesistente ma vivo…irreale, ma vero…E i cavalli…quel cavallo scalitante in mezzo ad un nugolo di cavalli che vanno contro la sua direzione…il pensiero dell’uomo in lotta col destino, voglioso di vittorie, continuamente teso verso una meta…Anche i cavalli a riposo direi…i loro occhi sembrano riandare, anch’essi alle tante battaglie vinte, alla vita vissuta, viva ancora nelle narici ancora fumanti…Il tutto espresso con colori tenui, di sogno. Nessun contrasto che offenda la vista, nessun abuso: tutto è semplice e tutto sembra composito in un’armonia vissuta e sofferta, frutto di un’esperienza interiore, maturata nella meditazione pensosa e scritta.
Giovanni Olivieri, “Il Messaggero” del 1 Agosto 1973
Walter Eleuteri è soprattutto poeta della natua e attraverso la comunicabilità del suo linguaggio pittorico e attraverso la genialità del colore, sa trasmeterci suggestioni impercettibili, voci recondite, colori singolari. Eleuteri interpreta e ritrae la natura con immediatezza e verità, perché la ama sinceramente, sa porsi in sintonia con essa, ne sa evocare i fremiti di luce, il palpito dei colori, le sollecitazioni di malinconie.
N. Venanzi